Il successo parziale di un vaccino sperimentale stimola la lotta contro l’AIDS

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Un vaccino sperimentale contro l’HIV testato su più di 16.000 giovani volontari in Thailandia ha ridotto il rischio di infezione ad un terzo.
Sebbene i dati non siano ancora soddisfacenti, i ricercatori che hanno condotto lo studio si sono dichiarati entusiasti dei risultati perchè è la prima volta che un vaccino contro l’HIV offre dati statisticamente così positivi.
Non si può parlare di una svolta, chiaramente, ma nella lotta contro l’AIDS, che per due decenni è stata contrassegnata da una frustrante serie di fallimenti, anche un risultato modesto come questo può indurre la speranza che la strada da percorrere per scoprire un trattamento efficace non è poi così buia.

Mortalità infantile in calo nel mondo, ma il progresso è troppo lento

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Secondo un recente rapporto pubblicato dall’Unicef, la mortalità infantile nel mondo sta calando, ma il ritmo è ancora troppo lento rispetto alle previsioni, e non raggiungerà il tetto stabilito vent’anni fa dalle Nazioni Unite, che speravano in un calo della mortalità infantile ridotto dei due terzi tra il 1990 ed il 2025.
Il quadro presentato dall’organizzazione internazionale, sebbene registri dei miglioramenti, è di quelli che fanno rabbrividire.

Scoperti due nuovi anticopri contro il virus dell’HIV

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Sconfiggere il terribile virus dell’HIV è una delle battaglie per la salute di vitale importanza per l’umanità. Un altro tassello che potrebbe in futuro rendere possibile ottenere questo risultato è stato individuato da un gruppo di ricercatori guidati dall’importante organizzazione internazionale International Aids Vaccine Initiative (IAVI), che potrebbero aver scoperto un potenziale tallone di Achille del virus.
I risultati dello studio pubblicato sulla rivista Science, si riferiscono alla scoperta di due anticorpi che vengono prodotti da alcune persone affette dal virus dell’HIV.

Demenza HIV-correlata più comune con certi sottotipi del virus HIV

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Un sottotipo di virus dell’HIV può determinare con maggiore facilità l’insorgere di una forma di demenza denominata “demenza HIV-correlata”.
Difficoltà cognitive, compresa la demenza sono una delle caratteristiche delle infezioni da HIV, ed i ricercatori della John Hopkins University, una delle più prestigiose tra le università statunitensi, in un recente studio condotto in Africa, hanno scoperto che questi disturbi appaiono strettamente correlati alla presenza di due particolari sottotipi del virus HIV, il sottotipo A ed il sottotipo D.

Un preservativo “molecolare” per bloccare il virus dell’HIV

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Una sorta di “preservativo molecolare” è il prodotto al quale sta lavorando un gruppo di ricercatori americani del College of Engineering dell’Università dello Utah.
Si tratta di un gel vaginale che si solidifica alla presenza dello sperma, e cattura le particelle virali dell’HIV in maniera da evitare il contagio.
Sebbene sia ancora in uno stadio sperimentale, e non ancora testato direttamente sull’uomo, il gel si dimostrerebbe particolarmente utile soprattutto per le donne di molti paesi africani, dove l’AIDS tocca quote di contagio del 60% e dove sovente, per ragioni culturali e socio-economiche esse non sono in grado di negoziare con il loro partner l’uso del preservativo.

Virus HIV da mamma a bambino attraverso il cibo premasticato

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Un equipe di ricercatori americani ricercatori ha registrato un caso in cui l’HIV è stato trasmesso quasi certamente dalla madre al bambino attraverso cibo pre-masticato.
Lo studio è apparso sulla rivista Pediatrics, e riporta un’esperienza sperimentata al St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis, una struttura che si occupa di gravi malattie dell’infanzia, tra le quali i tumori e le infezioni da HIV.
L’inchiesta è iniziata a causa del fatto che una bambina dell’età di 9 mesi, risultata negativa agli esami dell’HIV era stata rimandata all’ospedale in un secondo momento perchè positiva all’infezione.

Epatite C

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L’epatite C è una malattia contagiosa del fegato che ha diversi livelli di gravità: può essere un infezione che dura appena qualche settimana, ma può anche diventare una malattia cronica che compromette il fegato per tutta la vita.
La malattia si sviluppa per l’infezione provocata dal virus dell’epatite C (HCV), che si contrae principalmente attraverso il contatto con il sangue di un individuo malato.
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