Scoperti due nuovi anticopri contro il virus dell’HIV

di Redazione

Uno studio pubblicato sulla rivista Science, riporta la scoperta di due anticorpi che alcune persone con il virus dell'HIV riescono a produrre.

aids

Sconfiggere il terribile virus dell’HIV è una delle battaglie per la salute di vitale importanza per l’umanità. Un altro tassello che potrebbe in futuro rendere possibile ottenere questo risultato è stato individuato da un gruppo di ricercatori guidati dall’importante organizzazione internazionale International Aids Vaccine Initiative (IAVI), che potrebbero aver scoperto un potenziale tallone di Achille del virus.
I risultati dello studio pubblicato sulla rivista Science, si riferiscono alla scoperta di due anticorpi che vengono prodotti da alcune persone affette dal virus dell’HIV.

Tali anticorpi sarebbero in grado di agire contro una vasta gamma di virus dell’HIV, e potrebbe essere possibile, solo teoricamente per ora, realizzare un vaccino in grado di stimolare l’organismo a produrli.

Gli anticorpi in questione sono tra i primi ad essere stati identificati in più di dieci anni di ricerca, ed i primi ad essere stati isolati su donatori dei paesi in via di sviluppo.

Prima di questa scoperta erano stati individuati solo altri quattro anticorpi anti-HIV, la cui capacità di neutralizzare il virus era evidente: il problema però è che tutti e quattro sono difficilmente sfruttabili per produrre vaccini.

Ciò perchè il virus crea dei moduli proteici in grado di infettare le cellule estremamente variabili, e ci sono dunque poche possibilità che il sistema immunitario riesca a produrre un anticorpo in grado di agire efficacemente contro di questi.

La coppia di nuovi anticorpi sembra essere invece in grado di avere come target una proteina prodotta dal virus che sostanzialmente rimane immutata.

Naturalmente la scoperta rappresenta solo un successo di carattere teorico e sperimentale, la notizia non deve far pensare che la strada per la realizzazione di vaccini contro l’HIV sia meno ardua e tortuosa, ci vorranno ancora anni prima che essa possa essere impiegata in un’applicazione clinica, tuttavia la direzione potrebbe davvero essere quella giusta.

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