Solvente industriale associato al morbo di Parkinson

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L’esposizione al tricloroetilene, un solvente industriale, aumenta il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson di almeno sei volte.
E’ quanto stabilito da una recente ricerca condotta negli Stati Uniti, da ricercatori del Parkinson’s Institute di Sunnyvale, il primo studio in grado di quantificare l’incidenza del rischio, ed ultimo di una serie di lavori che sugli animali avevano già verificato tale fenomeno.

Se la genetica, è provato, gioca un ruolo determinante nello sviluppo del morbo di Parkinson, secondo i medici ci sono anche fattori ambientali che hanno una loro importanza.
Il tricloroetilene, identificato anche dall’acronimo TCE, è un solvente un tempo ampiamente utilizzato come detergente, ed in alcuni casi anche come anestetico, in special modo durante il parto.

Paziente in stato vegetativo risponde alle domande

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Un recente studio, pubblicato sulla rivista medica New England Journal of Medicine ha descritto il modo con cui un gruppo di ricercatori britannici e belgi sono riusciti a comunicare con un paziente affetto da danno cerebrale, utilizzando la risonanza magnetica funzionale. Lo studio ha coinvolto gli scienziati del Medical Research Council (MRC), del Wolfson Brain Imaging Centre di Cambridge ed un team di ricercatori dell’Università di Liegi.
Il paziente, da sette anni in stato vegetativo, sembrava non avere alcuna possibilità di comunicare con il mondo esterno. Gli scienziati hanno fatto in modo di “istruire” il paziente in modo che esso pensasse ad un’attività motoria come giocare a tennis, nel caso volesse fornire una risposta affermativa, ed un pensiero “spaziale” ovvero il vagabondare per le strade se intendesse dare una risposta negativa.

Revocato uno studio che associava il vaccino MPR all’autismo

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In questi giorni The Lancet ha dichiarato di aver revocato uno studio, pubblicato nelle pagine della prestigiosa rivista medica nel 1998, ad opera del Dott. Andrew Wakefield, che riteneva come il vaccino trivalente MPR, contro morbillo, parotite e rosolia, fosse responsabile dell’aumento dei casi di autismo.

Tale articolo, alla sua uscita, aveva scatenato forti polemiche, ed aveva stimolato la nascita di associazioni costituite di gruppi di genitori con bambini autistici che intentavano cause legali, convinti che il disturbo ai loro figli fosse stato provocato dal vaccino. Oltre ad aver provocato la riduzione massiccia del numero di vaccinazioni, sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti.
A seguito dello studio ne furono fatti molti altri, che avevano tentato di verificare nuovamente quanto scoperto dal Dott. Wakefield, senza però essere in grado di scoprire tale associazione.

I neuroni sopprimono nel cervello informazioni inessenziali

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Una sorta di “termostato” neurale aiuta a mantenere le funzioni cerebrali in stato di efficienza.
Lo sostengono i ricercatori della Yale University, che hanno verificato come fa il cervello a funzionare al meglio delle sue possibilità pur essendo sottoposto ad un vero e proprio diluvio di informazioni.
Lo studio è stato pubblicato di recente sulla rivista Neuron, ed è stato realizzato studiando il cervello di animali durante la visione di film contenenti scene di natura. I ricercatori hanno osservato che nel cervello sono presenti neuroni che svolgono un’azione inibitoria, che permette così al cervello di risparmiare energie mantenendo ed elaborando solo le informazioni visive essenziali.

In arrivo trattamento in compresse per la sclerosi multipla?

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Due recenti ricerche hanno evidenziato come in un futuro ormai prossimo, si parla del 2011, potrebbero essere realizzati farmaci da assumere per via orale per il trattamento della sclerosi multipla.
Il New England Journal of Medicine riporta che recentemente sono state richieste le licenze per la produzione di farmaci per via orale, e la notizia è stata accolta con entusiasmo dalla MS Society e dai malati che da tempo attendevano la realizzazione di tali medicine.

Perdita dell’olfatto e Alzheimer

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Una nuova ricerca eseguita su topi da laboratorio suggerisce che la perdita dell’olfatto potrebbe servire come un indicatore precoce dell’insorgere del morbo di Alzheimer.

Si sapeva già che le persone affetta da questa forma comune di demenza senile soffrono della perdita dell’olfatto, la nuova ricerca ha però voluto approfondire la ricerca per individuare un potenziale legame diretto tra lo sviluppo delle placche amiloidi nel cervello, che originano la mallattia, ed il peggioramento del senso dell’olfatto.

Fotofobia ed emicrania

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Un gruppo di ricercatori credono di aver scoperto il perchè la luce aggrava ulteriormente il dolore nelle persone che soffrono di emicrania.
Lo rivelano in un recente rapporto pubblicato recentemente su Nature Neuroscience sostenendo che i percorsi della visione e del dolore contribuiscono congiuntamente a questo fenomeno.
Anche se i risultati non hanno, né ora né in futuro uno sbocco pratico, come nuove terapie, servono sicuramente a saperne di più su come funziona il meccanismo dell’emicrania.
I ricercatori, hanno evidenziato come in quella parte del cervello chiamata talamo si incontrano, nel tessuto cellulare, le informazioni che provengono dal sistema visivo con quelle del sistema del dolore.
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