L'esposizione al tricloroetilene, un solvente industriale, aumenta il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson di almeno sei volte.
E’ quanto stabilito da una recente ricerca condotta negli Stati Uniti, da ricercatori del Parkinson’s Institute di Sunnyvale, il primo studio in grado di quantificare l’incidenza del rischio, ed ultimo di una serie di lavori che sugli animali avevano già verificato tale fenomeno.
Se la genetica, è provato, gioca un ruolo determinante nello sviluppo del morbo di Parkinson, secondo i medici ci sono anche fattori ambientali che hanno una loro importanza.
Il tricloroetilene, identificato anche dall’acronimo TCE, è un solvente un tempo ampiamente utilizzato come detergente, ed in alcuni casi anche come anestetico, in special modo durante il parto.
Il diffondersi della preoccupazione sulla sua presunta tossicità hanno fatto si che esso non venisse più utilizzato e fosse sostituito da altri solventi ed anestetici.
Dopo alcune segnalazioni sull’incidenza del Parkinson in lavoratori a contatto con la sostanza sono stati eseguiti studi sugli animali, grazie ai quali si è scoperto che questa uccide le cellule cerebrali che producono la dopamina in un’area del cervello, la materia grigia, che è proprio quella che viene colpita dal morbo di Parkinson.
Non solo, ma il TCE danneggia nella stessa area anche i mitocondri, gli organismi cellulari il cui compito è quello di fornire energia ed alimentazione alle cellule, nel cervello e nelle altre parti del corpo.
I ricercatori hanno valutato l’associazione tra tricloroetilene e Parkinson su 99 gemelli, veterani della seconda guerra mondiale, uno studio comparativo che voleva individuare come mai uno dei due gemelli aveva contratto il Parkinson e l’altro no.
Raccogliendo le esperienze di vita e di lavoro degli esaminati e sottoponendo la totalità dei partecipanti ad uno studio a doppio cieco da parte di un esperto di igiene industriale ed uno di medicina preventiva, i ricercatori hanno verificato che, se per alcune sostanze, come xilene e toluene non si registrava un rischio maggiore di Parkinson, quelli esposti al tricloroetilene risultavano invece avere una probabilità di 5,5 volte maggiore di contrarre la malattia.
Quelli esposti al tetracloroetilene, conosciuto con l’acronimo di PERC, risultavano addirittura aver un rischio di 8 volte maggiore.
Anche se la significatività statistica risultava inferiore anche il tetracloruro di carbonio incideva per 2,8 volte in più. Coloro che risultavano esposti al TCE avevano storie lavorative in determinati ambianti e con determinate mansioni, tintorie, macchinisti, elettricisti e meccanici.
La ricerca si è basata su un campione relativamente piccolo, non sufficiente per valutare compiutamente l’incidenza di questo fenomeno su una popolazione più ampia.
Per questo motivo i ricercatori stanno approntando un database di più grandi dimensioni che permetta loro di affinare i risultati dello studio e precisare meglio quanto e come questa sostanza chimica influisca sullo sviluppo del morbo di Parkinson.