Eritropoietina utile per combattere la SLA

Una preliminare ricerca tutta italiana, condotta dagli scienziati dell’Istituto Neurologico Besta di Milano grazie ai fondi messi a disposizione di ARISLA (Agenzia di RIcerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica), avrebbe dimostrato, in via del tutto teorica, la possibilità che l’EPO, la famigerata eritropoietina utilizzata come dopante da ciclisti, calciatori e la quasi totalità degli sportivi di qualsiasi genere, possa curare, o per lo meno rallentare in maniera significativa, la Sclerosi Laterale Amiotrofica.

SLA: MANCATO RICICLAGGIO NEURONI

Cos’è la demenza

Ci siamo occupati, in questi giorni, di alcune malattie davvero molto gravi. In particolare, come potrete scoprire navigando su Stetoscopio, della Malattia di Creutzfeldt-Jakob un disturbo neurodegenerativo progressivo e fatale (giacché causata dai prioni, proteine danneggiate e dannose che non si è ancora riusciti a capire come distruggere) che prevede la demenza quale sintomo più eclatante.

CHE COS’È LA DEMENZA

Malattia di Creutzfeldt-Jakob

Abbiamo parlato, in questi giorni, dei prioni e delle malattie da prioni, sorta di agenti infettivi non convenzionali poiché basati su proteine e non già, come solitamente avviene in natura, su acidi nucleici o microrganismi.

I prioni, dunque, in una maniera tutta nuova e, per certi versi ancora inspiegabile e inesplorata, possono causare malattie che, nella totalità dei casi, hanno un decorso nefasto. Ciò avviene, secondo quanto ci è dato sapere, a causa del fatto che i prioni essendo proteine, non reagiscono, in alcun modo, ai metodi di distruzione solitamente impiegati nella lotta a batteri, virus, funghi e a moltissimi altri agenti patogeni. Inoltre, per motivi che non è ancora dato da comprendere, codeste proteine sarebbero immuni alla proteasi e, dunque, alla disgregazione incontro alla quale vanno le proteine danneggiate.

Cosa sono i prioni

Nel 1982, dopo 10 anni di intense ricerche sull’argomento, il futuro premio Nobel per la Medicina Stanley Ben Prusiner (biologo nonché neurologo statunitense) scopriva i prioni, successivamente definiti quali agenti infettivi non convenzionali di natura proteica.

Inizialmente snobbato dalle istituzioni scientifiche, poiché non si credette, allora, che potesse esistere una tale forma biologica, il lavoro di Prusiner fu, nel corso degli anni, grandemente rivalutato poiché riusci a dare una spiegazione definitiva a neuropatie di eziopatogenesi altrimenti ignota quali la Malattia di Creutzfeld-Jakob.

Questa incredibile scoperta valse a Prusiner, dopo anni di battaglie affinché il suo impegno venisse internazionalmente riconosciuto, l’attribuzione del premio Nobel per la Medicina del 1997 nonché il premio Wolf per la Medicina del 1995.

Huperzine A per combattere l’Alzheimer

Soltanto ieri parlavamo di come, presso la Mayo Clinic di Rochester, nel Minnesota, si fosse riusciti a scoprire come predire l’Alzheimer con un test che potesse evidenziare, nell’individuo sano e in età presenile (meno di 65 anni), l’eccessivo accumulo di beta-amilode e la crescita incontrollata di metaboliti quali colina/creatina, primo sintomo neurologico della futura insorgenza della malattia.

Davamo notizia, inoltre, di come alcune approfondite indagini condotte dalle più importanti università canadesi avessero evidenziato una precisa correlazione tra eccesso di sale e Alzheimer, stabilendo come una dieta troppo ricca di sodio abbia effetti devastanti non soltanto sul cuore e sul sistema vascolare bensì possa venire considerata responsabile dell’insorgenza, prematura, dei più classici sintomi della senilità.

Possibile correlazione tra ceramidi e Alzheimer

Predire l’Alzheimer con un test

La confortate notizia giunge oggi dai ricercatori della Mayo Clinic (organizzazione non-profit di ricerca medica con sede a Rochester, nel Minnesota): il morbo di Alzheimer, altrimenti detto demenza senile (oltre i 65 anni di età) degenerativa primaria di tipo Alzheimer, potrebbe essere predetto sin da giovanissima età o, comunque, ben prima dell’insorgenza dei più classici sintomi di una malattia che, ogni anno, nel mondo, colpisce all’incirca 150 persone, ogni 1.000, di età compresa tra i 65 e i 90 anni, dando così l’opportunità a medico e paziente di elaborare una strategia adatta ad affrontare, nel migliore dei modi, la degenerazione cognitiva che il disagio porta con sé.

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