Come curare la Malattia di Peyronie: dai farmaci alla chirurgia

di Redazione

La malattia di Peyronie, caratterizzata da una anomala curvatura del pene, può essere curata in diversi modi a seconda dei casi e sicuramente dell’incidenza che ha sulla qualità della vita di chi ne soffre. Le terapie vanno dalla somministrazione di farmaci o vitamina E fino alla chirurgia. Vediamo nel dettaglio quando è utile l’uno o l’altro percorso, in cosa consistono e quale efficacia.

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La cura per la Malattia di Peyronie, non è eguale per tutti

Gli uomini affetti da questa patologia si rivolgono solitamente al medico specialista a causa della sintomatologia: difficoltà nei rapporti sessuali e/ dolore durante l’erezione; più di rado è l’aspetto estetico del proprio organo ad indurre l’uomo ad una visita. Non esistendo una causa certa, e non essendo ancora chiaro il meccanismo con cui la malattia di Peyronie si sviluppa, gli specialisti, non possono che mirare ad una terapia che tenga sotto controllo i sintomi di cui sopra: ovvero ripristinare la possibilità di un sano e piacevole rapporto intimo. Essendo però il decorso della malattia diverso da uomo a uomo, non esistono terapie che siano sempre efficaci e per tutti: alcuni possono migliorare senza alcun trattamento, altri invece peggiorare nonostante le cure.

 

Terapie mediche per la cura della malattia di Peyronie

Studi su piccola scala hanno evidenziato un miglioramento dei sintomi in uomini trattati con Vitamina E (la cui carenza è considerata tra le cause probabili) per via orale, anche se sono necessari ulteriori approfondimenti e su un numero più vasto di pazienti. Lo stesso dicasi per altri rimedi, farmacologici come la colchicina, il tamoxifene e la pentossifillina. I ricercatori hanno anche provato l’iniezione diretta di alcuni medicinali nell’area interessata (verapamil , collagenasi, steroidi, ed interferone alfa-2b). Il Verapamil e l’interferone si sono dimostrati efficaci nel diminuire la curvatura del pene e dunque la difficoltà ed il dolore durante i rapporti sessuali. Cortisone ed altri steroidi, hanno dimostrato molti effetti collaterali rispetto ai benefici, mentre la sperimentazione clinica per la collagenasi, ancora non ha prodotto risultati definitivi. Il verapamil viene somministrato anche tramite Ionoforesi (ovvero con l’utilizzo di una lieve corrente elettrica).

La terapia con le onde d’urto si è anche dimostrata adeguatamente efficace finora, bencché maggiormente nella fase acuta della patologia e non propriamente in quella cronica.

C’è poi la radioterapia. I raggi vengono mirati alla placca che provoca la curvatura del pene: il dolore dell’erezione sembra effettivamente diminuire, ma la placca non viene scalfitta. C’è il rischio di effetti collaterali come la disfunzione erettile. Per tutti questi motivi è sempre opportuno valutare con il proprio medico specialista andrologo quale può essere la terapia individuale.

 

La chirurgia per la malattia di Peyronie

Alla chirurgia si arriva laddove falliscono tutte le strategie mediche, o in caso di intenso dolore, in genere mai prima di un anno dalla diagnosi. Esistono ben tre diversi tipi di interventi chirurgici (tra i più utilizzati) per eliminare la curvatura del pene e la sintomatologia correlata.

Il primo prevede la rimozione o il taglio della placca e la plastica con altre parti di cute: è funzionale per togliere la curva riportando l’organo alla lunghezza normale persa con la Peyronie, ma può comportare effetti collaterali come l’intorpidimento dell’organo o una disfunzione erettile.

Tutto il contrario vale invece per la seconda tecnica chirurgica comunemente utilizzata e nota con il nome di plicatura in quanto va a lavorare sulle pliche del pene, dal lato opposto alla curvatura.

La terza opzione chirurgica è quella che prevede l’impianto di un dispositivo atto a raddrizzare il pene e/o a favorire l’erezione.

La percentuale di successo nella chirurgia della malattia di Peyronie è molto alta, ma non mancano gli effetti collaterali purtroppo, per questo tale pratica è riservata ai casi più importanti e gravi.

 

 

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Foto: Thinkstock

 

 

 

 

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