Gli scienziati della Stanford University hanno eseguito uno studio su 110 pazienti ai quali sono stati applicati elettrodi nel cervello mentre venivano monitorate le crisi epilettiche.
Il 41% dei pazienti ha avuto una riduzione effettiva nel numero di crisi già dopo i 13 mesi, mentre nell’arco di due anni, il 56% ha raggiunto lo stesso risultato.
Tutti i pazienti, che soffrivano regolarmente di crisi epilettiche, erano stati in precedenza trattati farmacologicamente, ma senza eccellenti risultati.
La stimolazione cerebrale profonda è un trattamento chirurgico che comporta l’applicazione di un dispositivo medico, una sorta di “pacemaker cerebrale”, che invia impulsi elettrici in parti specifiche del cervello.
Il risultato è stato messo a confronto con quello di un gruppo di controllo, che non è stato sottoposto alla stimolazione cerebrale profonda, e che ha evidenziato una riduzione delle crisi solo in 14% dei casi.
Gli autori dello studio, pubblicato di recente sulla rivista Epilepsia, osservano che tale tecnica potrebbe in futuro essere di aiuto a curare tutti quei casi di epilessia che non rispondono a trattamenti convenzionali.
Anche se, essendo altamente invasiva, sono tanti i rischi di complicazioni, anche gravi, e sono quindi necessari ulteriori studi e ricerche prima che possa la tecnica possa essere usata clinicamente.