Dieta mediterranea fa bene al cuore

di Redazione

La dieta mediterranea migliora i valori della variabilità cardiaca, una misura che indica una maggior funzionalità del cuore.

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Secondo un recente studio condotto su un campione di gemelli la dieta mediterranea migliora una determinata scala di misura delle funzioni cardiache.
La ricerca, condotta su gemelli per cercare di eliminare il più possibile l’effetto delle differenze genetiche, è stata realizzata da ricercatori dell’Università dell’Indiana e recentemente pubblicata sulla rivista Circulation: Cardiovascular Quality and Outcomes.

Basso contenuto di grassi saturi ed il consumo di grandi quantità di pesce, frutta, verdura, olio d’oliva, noci e cereali, e compresa di un paio di bicchieri di vino al giorno, la dieta mediterranea era già stata identificata in passato come un’alimentazione associabile ad un minor rischio di malattie cardiache.

Quest’ultima ricerca ha incluso 276 gemelli maschi, monozigoti o eterozigoti, i quali condividono lo stesso codice genetico (al 100% nei monozigoti, al 50% negli eterozigoti).

I ricercatori hanno misurato la variabilità della frequenza cardiaca ovvero l’intervallo di tempo che intercorre tra due battiti cardiaci. Una scala di misura che, nel caso indichi un’alta variabilità, riflette la buona funzionalità del cuore, hanno spiegato i ricercatori (una bassa variabilità significa che il sistema nervoso autonomo che controlla la frequenza cardiaca potrebbe non essere in grado di rispondere adeguatamente all’aumento della domanda funzionale del cuore).

I partecipanti allo studio hanno segnalato le loro preferenze alimentari in un questionario, ed hanno dovuto anche dimostrare quanto la loro dieta fosse corrispondente a quella mediterranea.

L’attività cardiaca è stata misurata e registrata con un dispositivo per gli elettrocardiogrammi portatile.

Lo studio ha rilevato come chi si sottopone ad una dieta mediterranea registra punteggi più elevati nella variabilità della frequenza cardiaca. Su una scala di nove punti, ogni differenza è stata associata ad una variabilità cardiaca maggiore, dal 3,9 al 13%. La maggior variabilità cardiaca equivale, secondo i ricercatori ad un 9-14% di rischio in meno di decesso a causa di problemi cardiaci.

Sebbene i risultati non possono essere generalizzati per tutti, dato che il campione di persone prescelte per lo studio era costituito di individui maschi e di razza bianca, i ricercatori sostengono che tali dati potrebbero essere validi anche per gli altri gruppi etnici e per l’altro sesso.

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