Alzheimer, come si fa la diagnosi

di Redazione

La malattia di Alzheimer è la più comune forma di demenza nelle persone di età superiore ai 65 anni, con leggera prevalenza nel sesso femminile. Il rischio di contrarre una qualunque forma di demenza aumenta con l’età e può arrivare a riguardare, dopo gli 80 anni, anche una persona su 6, con sintomi più o meno gravi. L’Alzheimer comunque può riguardare anche persone più giovani: tra i 40 ed i 65 anni si stima un caso su 20 delle nuove diagnosi. Ma come si giunge a questa? Quando andare dal medico?

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L’importanza della diagnosi precoce

I sintomi dell’Alzheimer, come è noto, compaiono con gradualità (la rapidità dell’evoluzione della malattia dipende dal singolo individuo) e spesso inizialmente vengono ritenuti parte integrante del processo di invecchiamento o comunque effetto di altre problematiche di salute. Non bisogna però trascurare o essere imbarazzati se si cominciano ad avere sbalzi di memoria, occorre rivolgersi ad uno specialista in neurologia per individuare con certezza la causa. E’vero che non esiste una cura che blocchi il progredire della malattia o che conduca alla guarigione, ma è altrettanto vero che sapere di avere l’Alzheimer , con una diagnosi precoce, permette di pianificare il proprio futuro adeguatamente, oltre che l’attivazione di tutti quei trattamenti, farmacologici, psicologici e comportamentali che possono aiutare a convivere con questa patologia progressivamente invalidante. Importante quindi rivolgersi ad uno specialista se si hanno alcuni di questi sintomi:
Alzheimer, sintomi iniziali e fasi successive

 

I test per la diagnosi di Alzheimer

Non esiste una singola indagine diagnostica per identificare con precisione la malattia di Alzheimer: molto si lavorerà sull’anamnesi, sui sintomi individuati, un’analisi clinica, l’eventuale assunzione di farmaci ed altri fattori, per poi proseguire anche con dei test che mirino ad escludere altre condizioni di salute che possano provocare una sintomatologia simile. I deficit di memoria infatti possono essere provocati anche da stress, depressione, uso o abuso di alcuni farmaci, ecc.
Il medico può altresì porre domande o chiedere al paziente di svolgere alcune attività semplici per valutare eventuali problemi con la memoria o la capacità di pensare con chiarezza. Sono aspetti che possono indicare la strada da seguire e a quale specialista affidarsi per un approfondimento, uno psicologo clinico, uno psichiatra o un neurologo a seconda di quello che si sospetta ci sia alla base dei disturbi, ma anche come supporto complementare. In genere nei casi di demenza sospetta o confermata è importante rivolgersi a centri di riferimento specializzati che si avvalgono di team multidisciplinari in grado di supportare i pazienti ed i familiari.
Un test che spesso si fa in questi casi, non tanto per avere una diagnosi di Alzheimer, quanto per valutare lo stadio di danneggiamento cerebrale è il cosiddetto “mini esame di stato mentale” o MMSE. Consiste nel sollecitare il paziente a svolgere attività semplici come memorizzare una breve lista di oggetti correttamente ed identificare l’attuale giorno della settimana, mese e anno.
Dalle risposte a questo si parte spesso per tracciare un percorso terapeutico iniziale e decidere se effettuare altri test. Chiaramente tra le indagini diagnostiche che mirano ad escludere altre cause ed identificare danno dovuti all’Alzheimer troviamo la TAC e la risonanza magnetica.

 

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Foto: Thinkstock

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