App salvavita contro l’infarto

di Emma

Una app sperimentale in grado di inviare i dati dell’Egc in modo rapido e preciso potrebbe salvare milioni di vite

 

cuoreUna app per iPhone potrebbe essere un vero e proprio salvavita in caso d’infarto. 

Si tratta di una app sperimentale e anche economica che è stata messa a punto da un gruppo di ricercatori University of Virginia School of Medicine di Charlottesville e già presentata durante la American Heart Association’s Quality of Care and Outcomes Research Scientific Sessions 2013.

In pratica è una app in grado di trasmettere le immagini diagnostiche del cuore in modo molto più rapido e affidabile di una foto che verrebbe inviata via email.

Insomma il vantaggio starebbe nelle tempestività, ma anche nella maggiore precisione tanto da riuscire, almeno potenzialmente a salvare, milioni di vite umane.

L’app riuscirebbe a velocizzare il trasferimento di dati, indispensabile anche per i tipi più pericolosi di attacco cardiaco che possono essere addirittura letali e che sono conosciuti come Stemi (ST segment elevation myocardial infarction): in pratica si tratta di un coagulo che blocca il flusso del sangue al cuore. 

In questo caso la prima cosa da fare è quella di trasmettere il più velocemente possibile l’elettrocardiogramma che mostra le prove dell’attacco cardiaco di questo tipo.

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In pratica la app fa una foto all’Ecg, lo centra e ne riduce subito le dimensioni mantenendolo però il più preciso possibile e inviandolo in un tempo nettamente inferiore rispetto alle email.

 

In questo modo quando il paziente arriverà in ospedale tutto sarà già pronto per il tipo di intervento da effettuarsi. I dati dell’invio poi parlano da soli: le immagini da iPhone vengono trasmesse in una media di 4-6 secondi, contro i 38-114 o 17-48 delle email, naturalmente in base alla grandezza delle foto stesse.

Inoltre il fallimento della trasmissione dati è pari praticamente a zero: si è riscontrato un solo 0,5% di fallimento dall’invio via iPhone, contro la percentuale, nettamente più alta delle classiche mail che andavano dal 3 al 71%.

Foto Thinkstock

 

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